E' la Grotta di Trofonio di Giovanni Paisiello, in scena a Martina Franca per il Festival della Valle d'Itria in un nuovo e divertente allestimento con la regia di Alfonso Antoniozzi.
Il 42° Festival della Valle d’Itria si è inaugurato nel segno del bicentenario della morte di Giovanni Paisiello. Dei due spettacoli dedicati al compositore tarantino, La grotta di Trofonio è stata rappresentata, in prima visione in tempi moderni, nel cortile di Palazzo Ducale. Si tratta di una commedia musicale di genere buffo scritta all’inizio dell’ultimo periodo napoletano del compositore, dopo il suo rientro dalla Russia e rappresentata per la prima volta a Napoli al Teatro dei Fiorentini nel 1785. Il Festival della Valle d’Itria ha da sempre riservato una particolare attenzione al compositore tarantino e non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione giubilare. Il libretto di Giuseppe Palomba (a sua volta ispiratosi all’omonimo libretto di Casti) si caratterizza per il ritmo incessante e un’accelerazione musicale che nei finali ricorda il paiselliano Le nozze di Figaro e per la presenza di armonie della tradizione popolare napoletana in un contesto classico ed elevato.
La regia di Alfonso Antoniozzi punta decisamente sull’aspetto ironico e farsesco del testo e della musica, portando l’azione in una Grecia turistica di fine Ottocento, dove i personaggi sono turisti napoletani alla scoperta delle bellezze classiche e si imbattono nella Grotta di Trofonio, capace di cambiare indole e carattere in chi vi entra. Da qui ovviamente lo scompiglio, la confusione e ovviamente il finale a lieto fine grazie all’intervento dello stesso Trofonio. Antoniozzi riesce a far gustare un’opera che non sempre brilla per originalità della musica. La semplicità delle scene di Dario Gessati, che sembrano cartoline di viaggio appese su enormi guide turistiche, e i costumi “da viaggio” di Gianluca Falaschi immergono lo spettatore in una storia simpatica che viene vivacizzata dalla innata verve dei cantanti in scena. Piace molto la caratterizzazione dei personaggi ideata da Antoniozzi, in una regia che più di una volta porta al sorriso e che immerge lo spettatore in un mondo di fiaba.
Il maestro Giuseppe Grazioli, alla guida dell’Orchestra Internazionale d’Italia, fa un ottimo lavoro con buca e cantanti e riesce a uniformare il suono, anche se a volte una certa lentezza sembra prendere il sopravvento.
Benedetta Mazzucato è la sempre allegra Dori, bella voce ben piazzata in una prova più che sufficiente; così pure per Caterina Di Tonno, la seriosa Rubinetta, anch’essa convincente. Matteo Mezzaro nel furbo Artemidoro ha una fresca voce tenorile e risulta adeguato al personaggio. Domenico Colaianni nel mercante napoletano Don Gasperone ha messo in luce, come suo solito, una verve partenopea che lo rende irresistibile, anche per la capacità di cantare in autentico dialetto napoletano; dove non arriva la voce arriva la sua grande perizia e arte comica. Angela Nisi è la servetta Eufelia, spigliata, dalla bella voce, pienamente nella parte e dalla delicata musicalità. Daniela Mazzucato è la ballerina Madama Bartolina e conferma la brillante carriera che unisce al canto agili doti attoriali. Roberto Scandiuzzi è un Trofonio gigantesco, dalla bellissima voce di basso, in un ruolo semiserio a cui non si è soliti vederlo, ma che con grande perizia artistica riesce a calzare a pennello. Giorgio Caoduro è il filosofo Don Piastrone; ha messo in mostra una voce baritonale ben piazzata, rotonda e dal buon fraseggio.
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